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“La Chiesa che Vorrei”
III LETTERA PASTORALE
del Vescovo Mons. Vincenzo Bertolone
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La lettera pastorale per l’anno 2009/2010
contiene il progetto del cammino che intendo si possa percorrere la
Chiesa locale. Parto dalla una suggestiva, quanto nota e simbolica
pagina dei sinottici: la tempesta placata dal gesto imperioso di Gesù.
La barca sballottata dai violenti e continui marosi è infatti simbolo
della Chiesa, che Pietro suo nocchiero ed i suoi successori debbono
tenere ben salda perché possa proseguire sicura la propria rotta cosi
come avviene nei fatti da due millenni.
E’ pur vero che senza il divino aiuto nessuna forza umana sarebbe
riuscita e riuscirebbe nell’impresa. Il fatto è che sulla barca (cioè
con la Chiesa) c’è Cristo che non smette di ripetere che la sua creatura
e sposa è sempre la stessa che lo seguiva attraverso le regioni che poi
furono chiamate “Terra Santa”: é la Chiesa di Emmaus, dei miracoli, del
discorso della montagna, del trionfo e della passione, dell’esaltazione
popolare e del Golgota, e, soprattutto è la Chiesa degli ultimi che
saranno beati.
La stessa piccola chiesa che si raccolse ai piedi della croce e dopo
un’iniziale, comprensibile diaspora, seppe ritrovarsi grazie a Lui,
Cristo, raccogliendo, custodendo nel cuore e diffondendo l’esortazione
ad amare, a non temere di accogliere gli ultimi perché non sarebbe mai
stata sola, bensì benedetta in eterno dalla Trinità.
Da qui la fedeltà, la gratitudine al Signore ed il reiterato atto di
fede in Lui e nella sua misericordiosa Provvidenza, unitamente ad una
serie di pronunciamenti ortodossi seguiti da altrettanto ortodossi
comportamenti. Giacché, però è della natura umana errare (cfr. Rom 7,
19, che rievoca il celeberrimo verso ovidiano video meliora proboque
deteriora sequor, dalle Metamorfosi, Libro VII), i peccati, i
tradimenti, le abiure, le apostasie, le viltà, i tentennamenti ed anche
le mille occasioni di andare a cercare verità a buon mercato, diventano
altrettanti marosi, tremendi cavalloni che sembrano vogliano sommergere
la barca, cioè la Chiesa, nel suo procedere.
E coloro che nonostante tutto le sono fedeli, chi aiutando a reggere
saldamente la barra del timone, chi alle gòmene e chi alle vele, sono
per giunta guardati con sospetto, o commiserati, derisi, addirittura
perseguitati (in certe realtà che ancora esistono, purtroppo!) perché
questo nostro mondo globalizzato e massificato ha nel frattempo
elaborato e mediaticamente fatto prevalere visioni della vita del mondo
negazioniste della religione cristiana.
Tutto ciò è presente nella lettera pastorale, il cui fine e termine
ultimo della traversata, dell’altra sponda : è uno solo “la Chiesa che
vorrei segno e strumento di salvezza, faro di luce per l’uomo di ogni
tempo”. E siccome per giungere a questo porto vagheggiato bisognerà
prevenire ogni ostacolo, ogni remora, ogni onda insidiosa, ogni attacco,
il documento li passa in rassegna tutti con una disamina del pensiero (o
dei “pensieri”) che si è sviluppato nel postmoderno e che vuole
egemonizzare ogni altro credo, soprattutto la fede nella Parola
trascendente, eterna, divina.
Così, seguendo “i cammini inquieti di un’epoca” e leggendo la lettera
pastorale, si viene condotti attraverso le derive della post-metafisica,
“tra pensiero debole e dimenticanza di Dio” passando per “la decadenza
della ragione tradizionale”,” l’indebolimento della fede, la mancanza di
passione per la verità, la mitizzazione del progresso e della
tecnologia, dell‘etica in chiave soggettivistica, della crisi dell’
humanum”, che è sfociata ormai –stando alla pressante quanto desolata
requisitoria del sociologo polacco Zymunt Bauman-, nell’ Identità
liquida dell’uomo contemporaneo, che è ad un tempo disorientato,
preoccupato, alla ricerca di una boa di salvataggio e tuttavia abulico,
svogliato insofferente di ogni sacrificio materiale e intellettuale ed
alieno da ogni rinuncia rispetto al “capitale” procuratogli dall’ex Dea-
Ragione, diventata oggi divinità della mitologia massificante,
consumistica e tecnologica.
Se questa è la diagnosi l’uomo di fede, alias sacerdote-pastore-fedele
non si ferma ad essa, ma individua i protocolli terapeutici i quali
hanno una doppia valenza:
• una terapia d’urto per bloccare l’ulteriore diffusione della sindrome;
• una terapia del “subito dopo” o – se si vuole- del “mentre”,
“frattempo”.
Il Pastore-medico attinge i sussidi terapeutici da quella grande,
storicamente attrezzata e ben fornita cambusa della barca pietrina nella
quale non mancano certamente i rimedi adatti. Il tutto viene chiamato
“la risposta ecclesiale”. Ed anche qui, con la pazienza del ricercatore
e con l’abilità di un analista di laboratorio, nella lettera elenca i
vari virus: “globalizzazione, multiculturalismo, interculturalità,
pluralismo religioso, crisi della verità. Essi sono proliferati
attraverso i tanti – ismi- del ...
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