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Dai Pastori di Calabria una voce profetica
decreto emanato dal Vescovo Mons. Domenico Graziani, sull'uso del danaro


Dal 25 febbraio 2004, mercoledì delle ceneri, è andato in vigore il decreto emanato dal Vescovo Mons. Domenico Graziani, sull’uso del danaro: NON POSSIEDO NE’ ARGENTO NE’ ORO, esortazione pastorale al popolo di Dio, dicembre 2003. Il contenuto del documento, indubbiamente, va applicato “ sine glossa “.
Il Vescovo, con questa esortazione, esprime il coraggio pastorale di proporre la comunità Apostolica delle origini come modello più credibile a un mondo che cambia. Infatti è in questo contesto storico-culturale che la Chiesa, come ogni comunità e ogni cristiano, è invitata a prendere il largo, a guardare alla meta più alta che è la santità, ad imparare e poi insegnare l’arte della preghiera stando alla scuola dell’unico Maestro e Signore Gesù Cristo, guidati da Maria, modello di preghiera e donna eucaristica e sull’esempio degli Apostoli. Sono stati proprio loro i primi contagiati da Gesù Cristo che per bocca dell’Apostolo Pietro, hanno potuto confessare in verità: “Non possiedo né argento né oro”, dichiarare l’unico tesoro che possedevano: “ma quello che ho te lo do: in nome di Gesù Cristo, il Nazzareno, cammina!”. Di fronte a questo avvenimento, così unico, che ha dato inizio all’attività apostolica, quale buon pastore di anime non sente la nostalgia di quel tempo, della Chiesa nascente?
Sono ben note le citazioni bibliche, dei documenti e del C. J. C. riportate nell’esortazione e nel decreto. E’ indiscutibile che la forza della Chiesa è Gesù Cristo il Figlio di Dio, Verbo incarnato nel seno di Maria per opera dello Spirito Santo. Egli, Cristo, ha manifestato la volontà del Padre in parole e segni, è morto crocifisso, è risorto, ha effuso lo Spirito Santo e di nuovo verrà nella gloria. Cristo è venuto nudo ed è ritornato nudo al Padre, inchiodato sulla croce. La Chiesa, nella concretezza dell’operare dei suoi Pastori, ha sempre affermato e afferma, con le parole e con le opere, che la sua forza è la povertà e l’unica sua ricchezza è Cristo come condizione per poter dire con l’Apostolo Pietro: “… ma quel che ho te lo do: nel nome di Gesù il Nazzareno cammina!” (At. 3,6). Se spesso la Parola, però, non produce l’effetto è sicuramente perché, la nostra fede non è quella dei nostri Padri, ai quali Cristo disse: “Voi farete cose più grandi di me…Andate …Io sono con voi fino alla consumazione dei secoli. E partirono, predicando da per tutto, operando le meraviglie di Dio, confermando i fratelli nella fede mentre Cristo operava in loro”. Noi pure facciamo la professione di fede ma spesso senza la coscienza di avere Cristo presente che vuole operare, con la forza dello Spirito che è in noi, gli stessi segni di un tempo affinchè il mondo continui a credere che il Padre lo ha mandato. Il documento del Vescovo esprime il desiderio e, allo stesso tempo, invita a non sottrarsi all’ondata dello Spirito per avere la forza di contrastare le correnti di pensiero che spingono fortemente contro la vita, contro la Chiesa e a favore della pura logica di mercato, in cui tutto è relativo.
Il decreto è destinato ad un contesto la cui prassi è ben consolidata circa il modo di partecipare alle necessità della Chiesa. E’ fortemente radicata nei fedeli da una tradizione millenaria che nel corso dei secoli ha assunto modalità diverse a secondo della tipologia della comunità. Come pure dare, al Sacerdote, l’offerta per la Santa Messa.
Considerato ciò, fermo restando che la fede del chierico e del fedele laico si misura anche dal rapporto che instaura con le persone, le cose ed in particolare con il danaro, è da tener presente la realtà concreta nella quale il presbitero, in particolare Parroco, viene a trovarsi.
Il Parroco, infatti, oltre ad essere primariamente Pastore di anime, con l’immissione nel ministero, ne diventa anche amministratore, coadiuvato dagli organismi di partecipazione a carattere solo consultivo.
-Egli è responsabile della manutenzione ordinaria ed a volte straordinaria dei beni architettonici, storici e ambientali in uso per il culto e l’attività pastorale.
-Deve far fronte alle spese vive di energia elettrica, gas, acqua, telefono, alla pulizia giornaliera degli spazi per l’attività ed in qualche maniera, a spese per compensi di gratitudine a volontari e collaboratori
-Spese per l’attività pastorale: materiale per la catechesi, la liturgia, la carità
-Spese per strumenti o mezzi: PC, scanner, fotocopiatrice, inchiostro carta, manutenzione
-Remunerazione per il Parroco
Per far fronte a tutto ciò, è naturale pensare ad una qualche forma che orienti i fedeli a prevedere un minimo che dia possibilità al Parroco di servire meglio la Comunità. Eccetto i poveri, per i quali l’attenzione alla gratuità deve essere assoluta.
E’ pura testimonianza evangelica gestire con trasparenza, distacco e onestà i beni della Parrocchia con l’aiuto di un competente Consiglio Affari Economici. Rendere conto delle entrate e delle uscite con regolari documenti dimostrativi, affiggere in bacheca i bilanci, rilasciare al benefattore regolare riscontro tramite ricevuta, ricevere, come Parroco, la giusta remunerazione dalla cassa parrocchiale. La Parrocchia ha personalità giuridica, è un Ente. Non amministrare bene i suoi beni, usare il denaro per interessi personali è furto ai danni della Comunità, è un atto moralmente grave, è perseguibile anche penalmente dalla legge. Avendo, come è previsto, questa considerazione della gestione economica parrocchiale, e di fatto attuata, oltre ad essere un aspetto pastorale rilevante, si possono attivare anche degli orientamenti di sussidiarietà e non soltanto economici ma a più vasto respiro di collaborazione, e il Pastore può dire “non ho né argento né oro”. Se non si attua questo sistema, che prevede controllo e verifica da parte del Vescovo, è difficile che chi è malato di denaro e di servizio alla Santa Chiesa a scopo di lucro personale, possa guarire.
E’ questione, dunque, di onestà morale, di coscienza e anche di fede.
Il “praeter legem” ovviamente presuppone sempre il “secundum legem”, per cui occorre l’ “oltre” e il “di più” senza omettere il minimo dovuto. In questo senso sarebbe opportuno che la Provincia Ecclesiastica definisse con decreto quanto previsto dal can. 952 §1 o si desse seguito a quanto previsto dallo stesso canone al §2 e per analogia, parimenti, per tutti gli altri servizi religiosi, in favore di consumi e di manutenzione delle strutture e per l’onesto sostentamento delle persone. Ciò, affinchè nel sacrosanto principio della gratuità non si insidi il profitto dialettico che al prete non manca quando riduce la sua missione a professione, dimenticando le parole del Maestro: “ gratis accipistis gratis date”..
Il fedele non si scandalizza se si orienta ad una giusta ed equa partecipazione ai bisogni della Parrocchia, anzi in alcuni casi lo esige per sua tranquillità, ma dell’uso, molte volte, non corretto della sua partecipazione alla vita economica della Chiesa universale, della Diocesi e della Parrocchia.
Al di là delle considerazioni, che ognuno può fare, è da accogliere con docilità, prontezza e fiducia l’invito dei Vescovi di Calabria e in particolare del nostro Vescovo, Mons. Domenico GRAZIANI, perchè ci indica la strada evangelica che rappresenta il clima fondamentale in cui ha senso qualsiasi norma o regola ecclesiastica.
 

Sac. Carmine DE FRANCO
 

   

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