Non è consentito a un cattolico essere allo tempo stesso diavolo e acqua
santa, cioè cristiano di facciata. Ogni battezzato, infatti, pur nella
confusione etnico-religiosa conseguente alla globalizzazione, non può e non
deve rendersi succube del nuovo illuminismo, che porta ad un relativismo per
il quale non ci sarà più posto, tra gli uomini, per valori universalmente
accolti e si creeranno i presupposti per un futuro senza trascendente ed un
immanente con l’uomo alla deriva, senza mete nè attracchi, in balia solo dei
suoi dubbi e dei suoi egoismi.
Questo pericolo è da tanto tempo e tanto spesso denunciato dalla Chiesa, che
sembra diventato un modo di dire, etichettato come reazionario ed
antiprogressista, sicché i politici si sentono non solo autorizzati a non
tenerne più conto, ma, stranamente, si dolgono e strepitano anche solo se
Benedetto XVI, dall’alto della sua posizione magisteriale, lo richiama.
Ad ognuno il suo ruolo, e quello della Chiesa è ben svolto e senza sconti
per nessuno, in difesa della vita e della famiglia, della giustizia, della
pace.
Riascoltiamo Benedetto XVI: <<È importante rilevare ciò che i padri sinodali
hanno qualificato come coerenza eucaristica, a cui la nostra esistenza è
oggettivamente chiamata. Il culto gradito a Dio, infatti, non è mai atto
meramente privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso
richiede la pubblica testimonianza della propria fede. Ciò vale ovviamente
per tutti i battezzati, ma si impone con particolare urgenza nei confronti
di coloro che, per la posizione sociale o politica che occupano, devono
prendere decisioni a proposito di valori fondamentali, come il rispetto e la
difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la
famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione
dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme.
Tali valori non sono negoziabili. Per tanto, i politici e i legislatori
cattolici, consapevoli della loro
grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati
dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi
ispirate ai valori fondati nella natura umana. Ciò ha peraltro un nesso
obbiettivo con l'Eucaristia (1 Cor 11,27-29). I Vescovi sono tenuti a
richiamare costantemente tali valori; ciò fa parte della loro responsabilità
nei confronti del gregge loro affidato>>. (Benedetto XVI, Sacramentum
caritatis, p. 132, Editrice Vaticana, 2007)
Certo è duro il richiamo, ai politici cattolici, in CorI 11,27 sul Pane che
diventa condanna per l’indegno. La distruzione del valore della famiglia
fondata sul matrimonio e della vita come dono di Dio, sarà negli anni a
venire un flagello sociale peggiore della peste, al di la ed oltre ogni
aspetto religioso e morale.
È una cecità collettiva tanto aperta e manifesta che viene davvero di
pensare, al cuore duro del Faraone che, nonostante l’evidente, si
autocondanna e determina la fine tragica nel mar Rosso di cavalli e
cavalieri spinti in mezzo al mare.
Non c’è alcuna novità nel richiamo odierno del Papa, e non è neppure una
novità che il cristiano che ignora gli orientamenti del Magistero, specie se
legislatore o politico, si autoesclude dalla comunione con la Chiesa, la
quale annuncia il Vangelo della vita e non della morte. Ma c’è ancora
spazio, anche se limitato, per i ripensamenti di tutti, politici e non.
Speriamo non vinca la testardaggine, che decreterà, anche per gli italiani,
la fine dei cavalli e cavalieri del Faraone, che osò intralciare i progetti
di Dio.
IL PARROCO
Sac. Carmine DE FRANCO
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