“Andiamo con gioia incontro al Signore!”: ad una bella espressione della
liturgia per caratterizzare il Natale 2004 fa eco il testo biblico “ Quale
gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore. E ora nostri piedi si
fermano alle tue porte,Gerusalemme !” (Sal 121,1-2).
Nel Natale di Cristo, andare incontro al Signore, andare alla sua casa,
significa andare a Betlemme, nella grotta dei Pastori, fare il pellegrinaggio
della memoria, della fede, del cuore, della conversione. Bisogna andare nella
grotta di Betlemme, sostarci, contemplare il Bambino divino, guardare il volto
di Giuseppe, gli occhi di Maria: occorre farsi partecipe del mistero, come gli
Angeli, come i Pastori, come i Magi. Anzitutto a Betlemme si avverano le
profezie, il messaggio che la sapienza del Padre aveva preordinato da secoli.
Betlemme è la casa della pace: nella grotta, casa del divino Bambino, non ci
sono spade o lance, ci sono solo vomeri e falci per il lavoro, il sudore e il
sacrificio della pace e della solidarietà; non c’è l’arte della guerra, ma
l’arte della concordia e dell’umiltà. In questo luogo si vede realizzata la voce
di Isaia sui tempi messianici in cui tutti i popoli dovranno camminare alla sua
luce (cf. Is 2,4-5). Quel bambino dolcissimo è il germoglio che spunta dal
tronco di Jesse, il virgulto che nasce dalla radice di Davide; su quel bambino
si posa lo Spirito del Signore, spirito di sapienza e intelligenza, spirito di
consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore: egli è
santo e fedele (cf. Is 11,1-7). Con la liturgia esclamiamo: “Vieni, Signore, Re
di giustizia e di pace”, in questo mondo che, come al solito, ha come
riferimento solo la violenza, la guerra, l’odio, l’ingiustizia, e che sembra
avanzare sempre più in questa direzione perversa, facendo dell’idolatria del
danaro, del successo, del piacere l’unica religione accettata e desiderata. Il
Bambino di Betlemme è l’unico che, nella sua misteriosa potenza, può fermare la
corsa al male e all’odio, donandoci la conversione, il cambiamento della mente e
del cuore. Entrati nella casa di Betlemme ci sentiamo improvvisamente ridestati
dal sonno dell’anima e vediamo con chiarezza la salvezza vicina, sentiamo
l’esigenza, come ci esorta l’apostolo S. Paolo di gettare via le opere delle
tenebre per indossare le armi della luce e per rivestirci di Lui, del Signore
Gesù Cristo. (Rm 13, 11-14). Nella casa di Betlemme, la casa della pace e della
luce, noi comprendiamo cosa può significare essere vigilanti e pronti;
osservando lo stile di Giuseppe e Maria possiamo imparare l’amore fedele
nell’accoglienza assoluta del mistero di Gesù, il Salvatore, l’Emmanuele nella
propria vita.
Betlemme è la casa del pane. Si, il nome ebraico di questa cittadina, patria del
Re Davide e di Cristo Messia, significa letteralmente “ casa del pane “.
Entrando nella grotta del Natale, si sente subito il buon profumo del pane,
frutto del lavoro e dell’impegno della sacra famiglia, ma è il Bambino il buon
pane per noi, è quel piccolo che dirà di sè “ Io sono il pane disceso dal cielo,
chi mangia questo pane non avrà più fame!” (Gv 6, 35.41). Saranno quelle manine
benedette che, prima di essere crocifisse per amor nostro, prenderanno il pane
mentre il Bambino dirà “ Questo è il mio corpo offerto per voi, mangiate. Fate
questo in memoria di me” (Mt. 22,26; Lc 22,19). Gesù, il pane eucaristico e ad
ogni Domenica, ad ogni Messa, discende dal cielo, nasce, come a Betlemme
sull’altare, per la sua famiglia, la comunità dei battezzati, attraverso le mani
del Sacerdote, per volontà del Padre per opera dello Spirito Santo; come fu nel
grembo della Vergine Immacolata, così è sempre presente nel grembo della Chiesa.
“Mane nobiscum Domine! Rimani con noi, Signore, perché si fa sera!” (cf. Lc
24,29).
Il Papa ha voluto l’anno eucaristico per l’intera Chiesa, inviando a tutti i
fedeli la lettera apostolica, che si intitola “Mane nobiscum Domine”, la stessa
invocazione elevata dai due discepoli di Emmaus, la sera di Pasqua, lungo quel
cammino duro e faticoso, nel corso del quale si era unito a loro come compagno
di viaggio Gesù Risorto. Lo stesso ardore sentiamo nel cuore anche noi, anche a
noi si aprono gli occhi, visitando Betlemme, la casa del pane, della pace, la
casa di Gesù che nell’incarnazione, morte e risurrezione, si fa nostro cibo e
bevanda di salvezza e di santità (M N D, n.1).
Abbiamo tutti una grande necessità del pane di vita che è Gesù Cristo; il
rinnovamento delle nostre comunità cristiane passa dunque attraverso la
riscoperta della Domenica, il giorno del Signore, con la partecipazione attiva e
gioiosa alla celebrazione eucaristica. In un mondo che cambia, noi possiamo dare
le risposte adeguate se ogni domenica, se ogni giorno, noi attingiamo il
nutrimento alla mensa della Parola e alla mensa del Pane, la Santa Messa: non ci
potrà essere nesun rinnovamento della pastorale, della catechesi e
dell’evangelizzazione, se non ci rivolgiamo a Cristo, nella sua verità
evangelica e sacramentale. Solo ricevendo il corpo di Cristo assiduamente e
sinceramente, solo stando in ginocchio e in adorazione dell’Ostia santa si potrà
acquisire il volto missionario, di cui c’è tanta urgenza. I discepoli di Emmaus,
che prima erano affranti, scoraggiati e delusi, dopo averlo riconosciuto nello
spezzare il pane, cioè nel gesto eucaristico, partirono senza indugio per
annunciare il Signore Risorto al gruppo riunito nel cenacolo e di là nella città
di Gerusalemme e al mondo intero (cf. Lc 24,33). Solo dopo aver fatto
l’esperienza con Gesù presente nel sacramento, ripresero la forza e l’energia
necessaria e diventarono missionari convinti (M N D, nn.24-28).
L’Eucarestia è mistero di luce, è iniziata nel mistero dell’incarnazione nel
grembo di Maria e nella nascita a Betlemme. Gesù Cristo, che è “Dio da Dio, luce
da luce, Dio vero da Dio vero”, ci comunica il suo amore immenso per darci il
coraggio della testimonianza: è questo il più bel dono del Natale. “ Irrobustite
le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di
cuore: coraggio, non temete, ecco il nostro Dio … egli viene a salvarvi” (Is
35,1-6). Betlemme è la casa di Dio. Certo, nella grotta di Betlemme, adorato da
Maria e da Giuseppe, c’è Dio che si è fatto carne ed è venuto ad abitare in
mezzo a noi (Gv 1,14).
In un’epoca che è disposta a riconoscere in Cristo un grande uomo, un ideale, un
maestro di etica, un eroe, un martire, ma non il figlio di Dio, non lo stesso
Dio onnipotente, via, verità e vita, è doveroso affermare con tutte le forze che
quell’uomo grandioso, chiamato Gesù di Nazaret, è il Signore Dio ed è la seconda
persona della SS. Trinità, cioè il Figlio. E’ l’affermazione chiara e
inequivocabile della fede cristiana, nell’unicità di Cristo e della sua
rivelazione, nel panorama religioso dell’umanità. La divinità di Gesù Cristo è
diventata oggi la verità religiosa da comunicare, da propagare, da testimoniare
con più attenzione e precisione. La tentazione di sminuire o occultare
l’identità di Cristo, come è rivelata nel Vangelo, è sempre stata una costante
nei secoli cristiani. Oggi il confronto con le altre religioni, alcune delle
quali molto agguerrite, da una parte, e la crisi della cultura occidentale verso
derive materialiste e nichiliste dall’altra, inducono in molti fedeli cristiani
un senso di disorientamento, di relativismo religioso, di abbandono della
pratica assidua della fede, con conseguenti pericoli per l’adesione alla verità
del cristianesimo integro e totale e per le scelte etiche che ne derivano
necessariamente. A ciò va aggiunta la secolarizzazione sempre più invasiva, il
laicismo sempre più ostile alle forme religiose e in special modo al
cristianesimo cattolico, l’insicurezza sociale e la violenza crescente insieme
ad un individualismo sempre più accentuato. In questo scenario molto inquietante
per i credenti, però, deprimersi e abbandonarsi allo sconforto, rinunciando ad
agire, sarebbe mancanza di fiducia nel Signore, Salvatore dell’umanità e
vincitore del male; proprio in questo momento difficile si apre alla Chiesa e ai
cristiani fedeli sinceri la possibilità ancora più forte di testimoniare il
Vangelo, di essere ancora più missionari. E’ per questo che il Santo Padre e i
Vescovi Italiani non perdono occasione per invitare al nuovo impegno
dell’evangelizzazione e per fare delle nostre comunità dei centri propulsori di
missione. Occorre un vero cambiamento di mentalità e la volontà di scelte
coraggiose da parte di tutti, clero e laici. Nelle indicazioni dei Pastori sta
prendendo muovo piede l’impegno della comunità parrocchiale, che attorno al
proprio Parroco, mandato dal Vescovo, nell’unità dell’Eucarestia e della Parola,
nonché delle opere di apostolato e carità, è sul territorio un vero presidio, la
Chiesa fra le nostre case. Ci si augura che, dopo un periodo di crisi e di
sbandamento, tutti si rendano conto dell’importanza della Parrocchia e
concorrano a renderla viva, operante ed efficace, ad imitazione di una nuova
Betlemme, illuminata dalla luce di Cristo, vero uomo e vero Dio.
Non possiamo dimenticare la presenza orante di Maria Vergine in quest’anno dell’Eucarestia
e 150° anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione: “
Ecco, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la sua parola “ (Lc
1,38), afferma con fede umile e amore generoso la fanciulla di Nazaret
all’annuncio dell’Angelo. Il suo “SI” sarà sempre costante, da Nazaret a
Betlemme, dalle vie della Palestina fino al calvario, dalla mattina della
risurrezione del Figlio fino alla gioia della Pentecoste: la Santa Vergine, dice
il Papa, “ ci immette in modo naturale nella vita di cristo e ci fa come
respirare i suoi sentimenti” (Rosarium Virginis Mariae, 15). “ Maria è donna
eucaristica con tutta la sua vita. La Chiesa, guardando a Maria come suo
modello, è chiamata ad imitarla anche nel suo rapporto con questo mistero
santissimo. Ella ci può guidare verso questo Santissimo Sacramento, perchè ha
con esso una relazione profonda” (Ecclesiae de Eucaristia, 53).
Allora, idealmente pellegrini a Betlemme, casa della pace e del pane, casa del
vero Dio Cristo Signore, fortificati sempre dall’Eucarestia, cibo irrinunciabile
della Domenica, sostenuti dall’Immacolata Maria, vivremo il Natale 2004 in modo
diverso e rinnovato, un Natale santo.Sac. Carmine
DE FRANCO
parroco
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