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NATALE 2007 |
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Messaggio di Natale del Parroco
ai fedeli |
“Gloria a Dio nell’alto dei cieli e
pace in terra agli uomini che egli ama”.
Questo è il grido di esultanza che precede e accompagna l’irrompere
della luce nelle tenebre, che è Cristo Signore. Gesù Cristo a
Betlemme, incarnato nel grembo della Vergine Maria, rappresenta
l’avvento di Dio, che redime l’uomo e lo eleva ad uno stato di
grazia e di santità mai udito e visto prima.
Nel mistero dell’incarnazione e nella pienezza dei tempi, Dio viene
a cercare la sua creatura prediletta: Egli stesso si fa uomo e
compagno di viaggio, avvolgendo tutti nel manto della sua
misericordia.
La venuta di Cristo Salvatore nel mondo si perpetua e si attualizza
nei secoli tramite la Chiesa, suo corpo mistico: ogni uomo di buona
volontà lo irradia fino agli estremi confini della terra, sotto la
guida e la forza dello Spirito Santo.
Da quando il Verbo si è fatto carne, l’uomo è stato assunto da Lui e
ne è stato rivestito. Nel Battesimo è diventato nuova creatura, per
agire nel mondo guidato dai sentimenti del cuore di Dio. (cfr
Benedetto XVI, omelia, giovedì santo 2007).
Cristo, nato a Betlemme, offre la comunione, la fraternità, la
speranza e la pace, che è frutto del perdono, della penitenza, della
sofferenza, della preghiera, dell’umiltà, sull’esempio della Beata
Vergine Maria. Nel mondo e nel cuore di ogni uomo c’è bisogno di
pace, non quella costruita con la guerra, con l’astuzia e i
sotterfugi, ma quella cantata dagli angeli, che nasce nel cuore e
cambia le persone e i loro rapporti: “Vi do la mia pace…” (Giovanni
14,27;14,6).
“Entriamo” dunque nel presepe, camminiamo per le valli per i monti,
scendiamo nella grotta, mettiamoci accanto a Maria e a Giuseppe,
incrociamo il loro sguardo e facciamoci guidare verso la mangiatoia
per prostrarci dinnanzi all’ineffabile bellezza e alla magnificenza
irradiata dal Bambino. E’ da Lui che possiamo imparare a
riappropriarci di valori quali la famiglia, la vita, la solidarietà.
E’ da Lui che possiamo imparare ad aprire il nostro cuore all’amore:
“Si, amore è “estasi”, ma estasi non nel senso di un momento di
ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dell’io,
chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sè, e
proprio così verso il ritrovamento di sè, anzi verso la scoperta di
Dio” nella fede, nell’uomo. (cfr Benedetto XVI, deus caritas est, 6)
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IL PARROCO
Sac. Carmine DE FRANCO
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