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Gesù Cristo risorto


Pasqua 2005

 

Pasqua 2005

Cristo umiliato e crocifisso risplende di luce e di gloria nel mistero della risurrezione e dell’eternità. Alleluia! La Chiesa gioisce nel contemplare il suo Signore che porta i segni della passione non più come ferite di umiliazione e di sconfitta, ma come segni di vittoria e di amore. Il corpo di Cristo risorto viene donato dallo stesso Signore alla Chiesa sua sposa, nell’Eucarestia, come presenza reale e perenne, nel cammino difficile della storia verso il compimento finale: Lui che è l’Alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il vivente. Il mistero eucaristico di Cristo risorto, la luce della Pasqua, risplende ancora di più in quest’anno che il Papa dedica in maniera speciale al Corpo e al Sangue del Signore. Tutti i cristiani cattolici sono invitati a ripensare il grande dono dell’Eucarestia, anche in riferimento al Sacerdozio, al momento che Gesù nella Cena del Giovedì Santo, nel sacrificio cruento del Venerdì Santo e nella gloria della Domenica di risurrezione, volle restare nel mondo e fra i suoi discepoli, i battezzati, con la presenza eucaristica e la presenza sacerdotale.
Il Papa con la lettera enciclica, “Ecclesia de Eucarestia”, afferma che desidera ridestare nella Chiesa lo “stupore” eucaristico, in continuità con l’eredità giubilare (cf. n. 6), che tale stupore ”deve invadere sempre la Chiesa raccolta nella Celebrazione eucaristica. Ma in modo speciale deve accompagnare il ministro dell’Eucarestia. Infatti è lui, grazie alla facoltà datagli dall’Ordinazione sacerdotale, a compiere la consacrazione. E’ lui a pronunciare, con la potestà che gli viene dal Cristo del Cenacolo: <<Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi … questo è il calice del mio sangue, versato per voi …>>. Il Sacerdote pronuncia queste parole o piuttosto mette la sua bocca e la sua voce a disposizione di Colui che le pronunciò nel Cenacolo, e volle che venissero ripetute di generazione in generazione da tutti coloro che nella Chiesa partecipano ministerialmente al suo sacerdozio” (EdE, n. 5). Come non essere grati a Cristo, sommo ed eterno sacerdote, che offre se stesso in sacrificio e coinvolge i suoi ministri in questa dolce avventura eucaristica? Cristo sacerdote perpetua il suo sacrificio nella Messa tramite i Vescovi e i presbiteri; ciò deve significare necessariamente da parte dei cristiani fedeli laici che pure partecipano come battezzati al sacerdozio ministeriale, affetto, rispetto, venerazione, collaborazione e docilità alla loro guida, nel dialogo fraterno e unità di fede. L’adorazione di Cristo risorto, nella Pasqua permanente dell’Eucarestia, si traduce nella comunione ecclesiale con i pastori e con gli altri fratelli, in una obbedienza totale al comandamento nuovo che il Signore pronunciò proprio la sera dell’Eucarestia: “Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato” (Gv 13,34).
Occorre vivere intensamente la realtà sacrificale dell’Eucarestia come un continuo riferimento al Cristo Crocifisso, e vivere la dimensione conviviale dell’Eucarestia con la necessaria conseguenza dell’impegno per l’amore del prossimo e la fraternità, la pace e la concordia: “il dono di Cristo e del suo Spirito, che riceviamo nella comunione eucaristica, compie con sovrabbondante pienezza gli aneliti di vita fraterna che albergano nel cuore umano … Ai germi di disgregazione tra gli uomini, che l’esperienza quotidiana mostra tanto radicati nell’umanità a causa del peccato, si contrappone la forza generatrice di unità del corpo di Cristo. L’Eucarestia, costruendo la Chiesa, proprio per questo crea comunità fra gli uomini” (n. 24).
Quando si legge nella EdE che “spetta ai Pastori incoraggiare, anche con testimonianza personale, il culto eucaristico … E’ bello intrattenersi con Lui e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto (cf. Gv 13,25), essere toccato dall’amore infinito del suo cuore … come non sentire un rinnovato bisogno di trattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento?” (n. 25), dobbiamo rivedere noi stessi con Cristo eucaristico. L’enciclica mette in guardia i presbiteri dal “pericolo della dispersione” tra un gran numero di compiti diversi, però afferma che il sacerdote è in grado di vincere ogni tensione dispersiva nelle sue giornate, trovando nel sacrificio eucaristico, vero centro della sua vita e del suo ministero, l’energia spirituale necessaria per affrontare i diversi compiti pastorali (EdE, n. 31). Ciò che l’enciclica suggerisce ai sacri ministri vale anche per gli altri cristiani.
Inoltre deve essere chiaro a tutti i cristiani il legame strettissimo tra l’Eucarestia e la Penitenza, perché “se l’Eucarestia rende presente il sacrificio redentore della Croce perpetuandolo sacramentalmente, ciò significa che da essa deriva un’esigenza continua di conversione” (EdE, n.37): la buona e fruttuosa celebrazione del sacramento della Penitenza deriva da un’autentica fede nell’Eucarestia.
Lo “stupore eucaristico” si manifesta anche in quella che l’enciclica chiama”comunione ecclesiale … anche visibile”, dal momento che l’Eucarestia, essendo la suprema manifestazione sacramentale della comunione nella Chiesa, “esige essere celebrata in un contesto di integrità dei legami anche esterni di comunione … Cristo è la verità e rende testimonianza alla verità (Gv 14,6) : il sacramento del suo corpo e del suo sangue non consente finzioni” (cf. n. 38). Ogni cristiano illuminato dall’Eucarestia, non deve avere mai finzioni nell’unità di fede, morale e negli orientamenti disciplinari della Chiesa. L’Eucarestia è luce di verità e il suo splendore si riverbera nel cristiano in un comportamento moralmente retto e in un’azione amorevole verso l’uomo totalmente inteso. Se Cristo è risorto nel suo vero corpo ed è presente realmente nel suo Corpo eucaristico, allora l’uomo, nel suo corpo e nella sua anima, non può essere violato, rapito, umiliato, programmato con la fecondazione artificiale, ucciso volontariamente nel grembo materno: l’uomo è sacro dal momento del concepimento al suo naturale tramonto alla vita di questo mondo verso l’eternità con Dio, che l’ha creato, redento ed amato immensamente.
Ogni discepolo di Cristo alla scuola di Maria, donna eucaristica, si deve far guidare da lei verso il santissimo Sacramento, con una tenera devozione: come dobbiamo obbedire al comando di Cristo “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19), così dobbiamo obbedire a quello di Maria: “Fate quello che egli vi dirà” (Gv 2,5). Sperimentando anche quella bruciante sofferenza della sensazione, o addirittura della constatazione di “credere da soli”: di fronte l’Eucarestia, chi l’ama totalmente non può non soffrire osservando gli altri che restano freddi e noncuranti davanti al Corpo di Cristo.
Deve essere in tutti noi chiarissimo il concetto delle due mense di Emmaus, quella della Parola e quella del Pane (MND, n. 12), e nella “crisi” del nostro tempo, a nome dei fratelli dobbiamo pronunciare con fede “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv 6,68). Dobbiamo fare della nostra vita una nuova Emmaus, con un cuore ardente nell’ascolto della Parola del divino viandante, un cuore adorante nel riconoscerlo allo spezzare il Pane, un cuore mistico nell’invocare sempre: “Resta con noi, Signore !” (Lc 24,29).
“La fede ci chiede di stare davanti all’Eucarestia con la consapevolezza che siamo davanti a Cristo stesso” (MND, n. 16), per cui ricchi di questa certezza, della presenza reale di Cristo nell’Eucarestia, chi ci avvicina deve provare la sensazione di trovarsi davanti a Cristo: la nostra vita, unita al Signore, deve essere un continuo “rendimento di grazie” e dobbiamo impegnarci a testimoniare con più forza la presenza di Dio nel mondo. Non dobbiamo avere paura di parlare di Dio, di portare a fronte alta i segni della fede e, a partire dalla “cultura dell’Eucarestia”, promuovere una cultura del dialogo, che trova in essa forza e alimento, per un progetto di solidarietà per l’intera umanità, nella promozione della comunione e della pace per l’edificazione di una società più equa e fraterna a servizio degli ultimi (cf. MND, 26-28).
Avvolti da tanti motivi d’inquietudine e ansia per le sorti del mondo, ottenebrato dalle guerre e dal terrorismo, dalle orrende ingiustizie umane e dalle temibili calamità naturali, rifulge nei nostri cuori lo splendore incoraggiante di Cristo risorto. Il Santo Padre, anziano e ammalato, indicandoci nel cammino quaresimale l’attenzione premurosa verso gli ultimi, gli anziani e gli ammalati e riconducendola alla luce dell’Eucarestia, ci offre la misura di questa fede, l’amore infinito di Dio e del Figlio suo benedetto. Protesi verso il Congresso eucaristico nazionale di Bari e la solennità del Corpus Domini, non possiamo dimenticare che l’Eucarestia si vive principalmente la Domenica, nel “Dies Domini”, la Pasqua settimanale. I martiri di Abitene preferirono morire piuttosto che rinunciare all’Eucarestia della Domenica, andarono incontro al supplizio esclamando: “Sine Dominico non possumus”, “senza il Corpo del Signore, che riceviamo nel giorno del Signore, non possiamo vivere!”. Sia la Pasqua 2005 per tutti noi un risveglio verso l’Eucarestia.
 
   

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