“Cristo, nostra speranza, è risorto. Alleluia!”
Il convegno nazionale di Verona, voluto dalla Chiesa italiana, desidera
meditare e annunciare proprio questa verità: la centralità di Cristo vivo,
unica speranza per la società e l’uomo di oggi.
Dall’insegnamento del nostro amato Papa, Benedetto XVI, possiamo comprendere
ancora meglio il messaggio del mistero pasquale, poiché il suo pensiero è
lucido e profondo, chiaro e stimolante, sicuro punto di riferimento per
tutto il popolo cristiano e per gli uomini di buona volontà. Pasqua come “compassione” di Cristo.
“Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione” (Mt 9,36). In questo versetto
evangelico Benedetto XVI ha voluto dare la traccia per la Quaresima e la
Pasqua: un tempo privilegiato di pellegrinaggio interiore verso Colui che è
la fonte della misericordia.
Il Papa invoca la “compassione” di Cristo per il deserto della nostra
povertà, nella valle oscura, nella tentazione di disperarci o di fidarci
solo delle nostre forze, nel grido delle moltitudini affamate di gioia, di
pace e di amore. La Pasqua allora si propone al termine del cammino
quaresimale come la certezza che “Dio non permette che il buio dell’errore
spadroneggi”, Dio impone <<un limite divino al male>>, ed è la sua
misericordia. (Memoria e identità, 29ss) Pasqua come “sguardo” di Cristo.
Lo <<sguardo>> commosso di Cristo, continua il Papa nel suo messaggio
quaresimale, non cessa di posarsi sugli uomini e sui popoli oppressi dalla
desolazione della miseria, della solitudine, della violenza e della fame,
chiamandoli alla salvezza, difendendoli dai lupi anche a prezzo della sua
vita. La Chiesa sa che, per promuovere un pieno sviluppo dell’uomo, è
necessario che il nostro <<sguardo>> sull’uomo si misuri su quello di
Cristo: non si può e non si deve separare la risposta ai bisogni materiali
dal soddisfacimento delle profonde necessità del cuore. Per questo il primo
contributo che la Chiesa offre allo sviluppo dell’uomo e dei popoli si
sostanzia nell’annuncio della verità di Cristo che educa le coscienze e
insegna l’autentica dignità della persona, per una cultura che risponda
veramente a tutte le domande dell’uomo.
Nel tempo dell’interdipendenza globale, si può constatare che nessun
progetto economico, sociale o politico sostituisce quel dono di sé all’altro
nel quale si esprime la carità. Chi opera secondo questa logica evangelica,
afferma il Pontefice, vive la fede come amicizia con il Dio incarnato e,
come Lui, si fa carico dei bisogni materiali e spirituali del prossimo. Lo
guarda come incommensurabile mistero, degno di infinita cura e attenzione.
Sa che chi non dà Dio dà troppo poco, perché non si può trasformare il
cristianesimo in moralismo, non si può sostituire il credere al fare, non si
può ritenere che prima si debba migliorare la terra e poi pensare al cielo!
(cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2006, 29 settembre 2005)
Pasqua come amore di Cristo.
Nella sua prima enciclica “Deus Caritas est” il Papa ci aiuta
ancora una volta a riscoprire il senso genuino della nostra fede
pasquale. “Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi
invece la perde la salverà” (Lc 17,33) , così Gesù descrive il suo
personale cammino, che, attraverso la croce lo conduce alla
risurrezione: il cammino del chicco di grano che cade nella terra
e muore e così porta molto frutto (n.6). La fede biblica porta una
nuova immagine di Dio e dell’uomo. Esiste un solo Dio, che è il
Creatore del cielo e della terra e perciò è anche il Dio di tutti
gli uomini, l’unico vero Dio, autore dell’intera realtà. Questo
Dio ama l’uomo, lo ama personalmente e con amore elettivo per
guarire l’intera umanità. L’uomo vivendo nella fedeltà all’unico
Dio, sperimenta se stesso come colui che è amato da Dio e scopre
la gioia nella verità, nella giustizia, la gioia in Dio che
diventa la sua essenziale felicità. (cf.n.9) Pasqua come “novità” di Cristo.
La vera novità del Nuovo Testamento, ci ricorda il Papa
nell’enciclica, non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di
Cristo, che dà carne e sangue ai concetti, in un realismo
inaudito.
Benedetto XVI arriva ad affermare che nella morte di Cristo in
croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale
Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo, amore nella sua forma
radicale. Nel fianco squarciato di Cristo Dio è amore, è lì che
questa verità può essere contemplata. A partire da lì il Cristiano
trova la strada del suo vivere e del suo amare. (cf.n.12) Pasqua come “corpo” di Cristo.
Il Papa ci insegna che l’ Eucarestia ci attira nell’atto oblativo
di Gesù. Lo stare di fronte a Dio diventa così, attraverso la
partecipazione alla donazione di Gesù, partecipazione e unione al
suo corpo e al suo sangue. La “mistica” del sacramento si fonda
sull’abbassamento di Dio verso di noi, per condurci ben più in
alto di quanto possiamo innalzarci con le nostre capacità; non
solo, ma la “mistica” del Sacramento come unione con Cristo è allo
stesso tempo unione con tutti gli altri ai quali Egli si dona. “Io
non posso avere Cristo solo per me; posso appartenergli solo in
unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi. La
Comunione mi tira fuori di me stesso verso di Lui, e così anche
verso l’unità con tutti i Cristiani”. (cf. nn.13-14) Pasqua come “volere e pensare” con Cristo.
Benedetto XVI fa notare acutamente che volere la stessa cosa e
rifiutare la stessa cosa è l’autentico contenuto dell’amore. Il
diventare l’uno simile all’altro, nella comunanza del volere e del
pensare. La storia d’amore tra Dio e l’uomo consiste appunto nel
fatto che questa comunione di volontà cresce in comunione di
pensiero e di sentimento e, cosi, il nostro volere e la volontà di
Dio coincidono sempre di più: la volontà di Dio non è più per me
una volontà estranea, che i comandamenti mi impongono
dall’esterno, ma è la mia stessa volontà. (n.17).
L’amore cresce attraverso l’amore, conclude l’enciclica nella
prima parte. L’amore è “divino” perché viene da Dio e ci unisce a
Dio, e mediante questo processo unificante, ci trasforma in un Noi
che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola
fino a che, alla fine, Dio sia tutto in tutti”. (1 Cor 15,28) (n.18)
Pasqua come “parola” di Cristo.
“Cristo, il figlio di Dio fatto uomo, è la Parola unica, perfetta
del Padre, il quale in Lui dice tutto, e non ci sarà altra parola
che quella” (Catechismo della Chiesa cattolica, 65). Il Papa
propone ai giovani e a tutti di fare Pasqua attingendo alla Parola
di Dio, che è lampada ai nostri passi e luce sul nostro cammino
(Salmo 118(119),105), gioiello prezioso custodito nel sicuro
scrigno della Chiesa, perla che fuori dalla Chiesa rischia di
perdersi o frantumarsi. “Se rimanete fedeli alla mia parola,
sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità
vi farà liberi” (Gv 8,31-32). Afferma il Santo Padre che l’uomo è
spesso ostaggio di correnti di pensiero, che lo conducono, pur
nella convinzione di essere “libero”, a perdersi negli errori o
nelle illusioni di ideologie aberranti; è urgente che sorga una
nuova generazione di apostoli radicati nella parola di Cristo,
capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo e pronti a
diffondere dappertutto il Vangelo. Ma per tutti questi ci vuole un
“cuore docile”, e per averlo, suggerisce il Papa, è necessario
formarsi un cuore capace di ascoltare. Ciò si ottiene meditando
senza sosta la parola di Dio e restandovi radicati, mediante
l’impegno di conoscerla sempre meglio. Per questo, il Santo Padre,
con chiarezza, non esita a proporre ai giovani la “lectio divina”
(cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la XXI giornata mondiale della
gioventù, 22 febbraio 2006). Pasqua come “Spirito di Cristo”.
La Pasqua per la fede cristiana è anche il dono dello Spirito
Santo, effuso da Cristo crocifisso e risorto, disceso su Maria e
gli Apostoli a Pentecoste nel Cenacolo. Dice il Papa
nell’enciclica: Lo Spirito è quella potenza interiore che
armonizza il cuore dei credenti con il cuore di Cristo e li muove
ad amore, fratelli come li ha amati lui, quando si è curvato a
lavare i piedi dei discepoli e soprattutto quando ha donato la sua
vita per tutti. Lo Spirito è anche forza che trasforma il cuore
della comunità ecclesiale, affinché sia nel mondo testimone
dell’amore del Padre, che vuole fare dell’umanità, nel suo figlio,
un’unica famiglia… tutta l’attività della Chiesa è espressione di
un amore che cerca il bene integrale dell’uomo. (DCE,19) Pasqua: Gesù Risorto, speranza del mondo.
Essere testimone di Gesù risorto, speranza del mondo: questa è la
traccia di riflessione che i Vescovi italiani propongono in
preparazione al convegno Ecclesiale di Verona. La sorgente della
testimonianza è Cristo risorto: vederlo genera l’esperienza della
conversione; incontrarlo genera l’esperienza della missione;
annunciarlo genera l’esperienza della relazione.“Nella sua grande
misericordia Dio ci ha rigenerati, mediante la risurrezione
di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva”. Così scrive
l’Apostolo S. Pietro nella sua prima lettera, (Ipt, 1,3) scelta
dalla Chiesa italiana come riferimento biblico fondamentale per il
Convegno Nazionale. La Chiesa è fuori dalle chiese
Ma per ritornare alle parole del nostro amato Papa: La fede, che
prende coscienza dell’amore di Dio rivelatosi nel cuore trafitto
di Gesù sulla croce, suscita a sua volta l’amore. Esso è luce-in
fondo l’unica-che rischiara sempre di nuovo un mondo buio e ci dà
il coraggio di vivere ed agire. L’amore è possibile, e noi siamo
in grado di praticarlo perché creati ad immagine di Dio. (DCE, 39)
Questo amore dunque va annunciato, vissuto e testimoniato nel
mondo sull’esempio di Gesù Cristo, coscienti che la Chiesa si
configura sempre più fuori dalle chiese. Il mondo infatti denuncia
una sua fame di verità, di giustizia, di rinnovamento. Con umiltà,
il messaggero del Vangelo deve accogliere il rimprovero che il
mondo gli rivolge attraverso il grido del povero, la voce candida
del bambino, il grido pensoso della gioventù, il lamento del
lavoratore affaticato, il sospiro del sofferente, la critica del
pensatore e levare lo sguardo oltre gli angusti spazi della chiesa
per inoltrarsi come missionario fra la gente, spinto dalla carità
di Cristo e dal suo invito: “Andate e portate il Vangelo a tutte
le genti” (Mt 28,19- cf. 29.VI.1975, Esortazione Apostolica di
Paolo VI)
Si, Cristo, figlio di Dio, è veramente risorto!
Questa è la stupefacente verità, non ancora pienamente diffusa
fino agli estremi confini della terra. Quando ogni uomo l’avrà
appresa e incarnata, ci sarà pace sulla terra. In ciò trova la
motivazione più vera il Convegno di Verona, il Piano Pastorale
della nostra Diocesi e lo stesso essere cristiani in un mondo che
cambia, per il quale echeggia ancora nella Chiesa il messaggio di
Giovanni Paolo II, che amplifica l’invito di Cristo: DUC IN ALTUM.
Auguri di ogni bene e pace in Cristo risorto
Sac. Carmine De Franco
parroco
“Vi
ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche
voi.”(Gv
13,15)
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5 ottobre 2007
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