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Santa Pasqua 2006

“Cristo, nostra speranza, è risorto. Alleluia!”
Il convegno nazionale di Verona, voluto dalla Chiesa italiana, desidera meditare e annunciare proprio questa verità: la centralità di Cristo vivo, unica speranza per la società e l’uomo di oggi.
Dall’insegnamento del nostro amato Papa, Benedetto XVI, possiamo comprendere ancora meglio il messaggio del mistero pasquale, poiché il suo pensiero è lucido e profondo, chiaro e stimolante, sicuro punto di riferimento per tutto il popolo cristiano e per gli uomini di buona volontà.
Pasqua come “compassione” di Cristo.
“Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione” (Mt 9,36). In questo versetto evangelico Benedetto XVI ha voluto dare la traccia per la Quaresima e la Pasqua: un tempo privilegiato di pellegrinaggio interiore verso Colui che è la fonte della misericordia.
Il Papa invoca la “compassione” di Cristo per il deserto della nostra povertà, nella valle oscura, nella tentazione di disperarci o di fidarci solo delle nostre forze, nel grido delle moltitudini affamate di gioia, di pace e di amore. La Pasqua allora si propone al termine del cammino quaresimale come la certezza che “Dio non permette che il buio dell’errore spadroneggi”, Dio impone <<un limite divino al male>>, ed è la sua misericordia. (Memoria e identità, 29ss)
Pasqua come “sguardo” di Cristo.
Lo <<sguardo>> commosso di Cristo, continua il Papa nel suo messaggio quaresimale, non cessa di posarsi sugli uomini e sui popoli oppressi dalla desolazione della miseria, della solitudine, della violenza e della fame, chiamandoli alla salvezza, difendendoli dai lupi anche a prezzo della sua vita. La Chiesa sa che, per promuovere un pieno sviluppo dell’uomo, è necessario che il nostro <<sguardo>> sull’uomo si misuri su quello di Cristo: non si può e non si deve separare la risposta ai bisogni materiali dal soddisfacimento delle profonde necessità del cuore. Per questo il primo contributo che la Chiesa offre allo sviluppo dell’uomo e dei popoli si sostanzia nell’annuncio della verità di Cristo che educa le coscienze e insegna l’autentica dignità della persona, per una cultura che risponda veramente a tutte le domande dell’uomo.
Nel tempo dell’interdipendenza globale, si può constatare che nessun progetto economico, sociale o politico sostituisce quel dono di sé all’altro nel quale si esprime la carità. Chi opera secondo questa logica evangelica, afferma il Pontefice, vive la fede come amicizia con il Dio incarnato e, come Lui, si fa carico dei bisogni materiali e spirituali del prossimo. Lo guarda come incommensurabile mistero, degno di infinita cura e attenzione.
Sa che chi non dà Dio dà troppo poco, perché non si può trasformare il cristianesimo in moralismo, non si può sostituire il credere al fare, non si può ritenere che prima si debba migliorare la terra e poi pensare al cielo! (cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2006, 29 settembre 2005)
Pasqua come amore di Cristo.
Nella sua prima enciclica “Deus Caritas est” il Papa ci aiuta ancora una volta a riscoprire il senso genuino della nostra fede pasquale. “Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà” (Lc 17,33) , così Gesù descrive il suo personale cammino, che, attraverso la croce lo conduce alla risurrezione: il cammino del chicco di grano che cade nella terra e muore e così porta molto frutto (n.6). La fede biblica porta una nuova immagine di Dio e dell’uomo. Esiste un solo Dio, che è il Creatore del cielo e della terra e perciò è anche il Dio di tutti gli uomini, l’unico vero Dio, autore dell’intera realtà. Questo Dio ama l’uomo, lo ama personalmente e con amore elettivo per guarire l’intera umanità. L’uomo vivendo nella fedeltà all’unico Dio, sperimenta se stesso come colui che è amato da Dio e scopre la gioia nella verità, nella giustizia, la gioia in Dio che diventa la sua essenziale felicità. (cf.n.9)
Pasqua come “novità” di Cristo.
La vera novità del Nuovo Testamento, ci ricorda il Papa nell’enciclica, non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti, in un realismo inaudito.
Benedetto XVI arriva ad affermare che nella morte di Cristo in croce si compie quel volgersi di Dio contro se stesso nel quale Egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo, amore nella sua forma radicale. Nel fianco squarciato di Cristo Dio è amore, è lì che questa verità può essere contemplata. A partire da lì il Cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare. (cf.n.12)
Pasqua come “corpo” di Cristo.
Il Papa ci insegna che l’ Eucarestia ci attira nell’atto oblativo di Gesù. Lo stare di fronte a Dio diventa così, attraverso la partecipazione alla donazione di Gesù, partecipazione e unione al suo corpo e al suo sangue. La “mistica” del sacramento si fonda sull’abbassamento di Dio verso di noi, per condurci ben più in alto di quanto possiamo innalzarci con le nostre capacità; non solo, ma la “mistica” del Sacramento come unione con Cristo è allo stesso tempo unione con tutti gli altri ai quali Egli si dona. “Io non posso avere Cristo solo per me; posso appartenergli solo in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi. La Comunione mi tira fuori di me stesso verso di Lui, e così anche verso l’unità con tutti i Cristiani”. (cf. nn.13-14)
Pasqua come “volere e pensare” con Cristo.
Benedetto XVI fa notare acutamente che volere la stessa cosa e rifiutare la stessa cosa è l’autentico contenuto dell’amore. Il diventare l’uno simile all’altro, nella comunanza del volere e del pensare. La storia d’amore tra Dio e l’uomo consiste appunto nel fatto che questa comunione di volontà cresce in comunione di pensiero e di sentimento e, cosi, il nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più: la volontà di Dio non è più per me una volontà estranea, che i comandamenti mi impongono dall’esterno, ma è la mia stessa volontà. (n.17).
L’amore cresce attraverso l’amore, conclude l’enciclica nella prima parte. L’amore è “divino” perché viene da Dio e ci unisce a Dio, e mediante questo processo unificante, ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola fino a che, alla fine, Dio sia tutto in tutti”. (1 Cor 15,28) (n.18)
Pasqua come “parola” di Cristo.
“Cristo, il figlio di Dio fatto uomo, è la Parola unica, perfetta del Padre, il quale in Lui dice tutto, e non ci sarà altra parola che quella” (Catechismo della Chiesa cattolica, 65). Il Papa propone ai giovani e a tutti di fare Pasqua attingendo alla Parola di Dio, che è lampada ai nostri passi e luce sul nostro cammino (Salmo 118(119),105), gioiello prezioso custodito nel sicuro scrigno della Chiesa, perla che fuori dalla Chiesa rischia di perdersi o frantumarsi. “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32). Afferma il Santo Padre che l’uomo è spesso ostaggio di correnti di pensiero, che lo conducono, pur nella convinzione di essere “libero”, a perdersi negli errori o nelle illusioni di ideologie aberranti; è urgente che sorga una nuova generazione di apostoli radicati nella parola di Cristo, capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo e pronti a diffondere dappertutto il Vangelo. Ma per tutti questi ci vuole un “cuore docile”, e per averlo, suggerisce il Papa, è necessario formarsi un cuore capace di ascoltare. Ciò si ottiene meditando senza sosta la parola di Dio e restandovi radicati, mediante l’impegno di conoscerla sempre meglio. Per questo, il Santo Padre, con chiarezza, non esita a proporre ai giovani la “lectio divina” (cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la XXI giornata mondiale della gioventù, 22 febbraio 2006).
Pasqua come “Spirito di Cristo”.
La Pasqua per la fede cristiana è anche il dono dello Spirito Santo, effuso da Cristo crocifisso e risorto, disceso su Maria e gli Apostoli a Pentecoste nel Cenacolo. Dice il Papa nell’enciclica: Lo Spirito è quella potenza interiore che armonizza il cuore dei credenti con il cuore di Cristo e li muove ad amore, fratelli come li ha amati lui, quando si è curvato a lavare i piedi dei discepoli e soprattutto quando ha donato la sua vita per tutti. Lo Spirito è anche forza che trasforma il cuore della comunità ecclesiale, affinché sia nel mondo testimone dell’amore del Padre, che vuole fare dell’umanità, nel suo figlio, un’unica famiglia… tutta l’attività della Chiesa è espressione di un amore che cerca il bene integrale dell’uomo. (DCE,19)
Pasqua: Gesù Risorto, speranza del mondo.
Essere testimone di Gesù risorto, speranza del mondo: questa è la traccia di riflessione che i Vescovi italiani propongono in preparazione al convegno Ecclesiale di Verona. La sorgente della testimonianza è Cristo risorto: vederlo genera l’esperienza della conversione; incontrarlo genera l’esperienza della missione; annunciarlo genera l’esperienza della relazione.“Nella sua grande misericordia  Dio ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva”. Così scrive l’Apostolo S. Pietro nella sua prima lettera, (Ipt, 1,3) scelta dalla Chiesa italiana come riferimento biblico fondamentale per il Convegno Nazionale.
La Chiesa è fuori dalle chiese
Ma per ritornare alle parole del nostro amato Papa: La fede, che prende coscienza dell’amore di Dio rivelatosi nel cuore trafitto di Gesù sulla croce, suscita a sua volta l’amore. Esso è luce-in fondo l’unica-che rischiara sempre di nuovo un mondo buio e ci dà il coraggio di vivere ed agire. L’amore è possibile, e noi siamo in grado di praticarlo perché creati ad immagine di Dio. (DCE, 39)
Questo amore dunque va annunciato, vissuto e testimoniato nel mondo sull’esempio di Gesù Cristo, coscienti che la Chiesa si configura sempre più fuori dalle chiese. Il mondo infatti denuncia una sua fame di verità, di giustizia, di rinnovamento. Con umiltà, il messaggero del Vangelo deve accogliere il rimprovero che il mondo gli rivolge attraverso il grido del povero, la voce candida del bambino, il grido pensoso della gioventù, il lamento del lavoratore affaticato, il sospiro del sofferente, la critica del pensatore e levare lo sguardo oltre gli angusti spazi della chiesa per inoltrarsi come missionario fra la gente, spinto dalla carità di Cristo e dal suo invito: “Andate e portate il Vangelo a tutte le genti” (Mt 28,19- cf. 29.VI.1975, Esortazione Apostolica di Paolo VI)
Si, Cristo, figlio di Dio, è veramente risorto!
Questa è la stupefacente verità, non ancora pienamente diffusa fino agli estremi confini della terra. Quando ogni uomo l’avrà appresa e incarnata, ci sarà pace sulla terra. In ciò trova la motivazione più vera il Convegno di Verona, il Piano Pastorale della nostra Diocesi e lo stesso essere cristiani in un mondo che cambia, per il quale echeggia ancora nella Chiesa il messaggio di Giovanni Paolo II, che amplifica l’invito di Cristo: DUC IN ALTUM.
 

Auguri di ogni bene e pace in Cristo risorto
Sac. Carmine De Franco
parroco

 

“Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.”  (Gv 13,15)

 

   

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